I risparmiatori veronesi incontrano ancora difficoltà a farsi riconoscere i rendimenti indicati nei buoni postale fruttiferi postali.  Si è rivolta ad Adiconsum Verona una consumatrice che possedeva due buoni fruttiferi dell’importo ciascuno di due milioni delle vecchie lire.

La serie indicata sui buoni nella parte frontale è la P, con indicazione sul retro di tassi di interesse molto vantaggiosi fino al 30° anno successivo a quello di emissione. Al momento della sottoscrizione all’Ufficio postale i buoni erano stati integrati con una stampigliatura sulla parte frontale con dicitura “serie Q/P”; mentre sul retro sopra la tabella indicante i rendimenti, sono stati apposti due timbri poco leggibili con due diverse tipologie di saggi di interesse (quelli della serie Q/P e della serie P/O). I timbri riportavano interessi meno vantaggiosi rispetto a quelli indicati nella tabella originaria del buono.

Nel 2014 la socia chiese l’incasso presso l’Ufficio postale, ma le veniva liquidata la somma di 23.000 euro, importo notevolmente inferiori rispetto a quelli determinabili in base ai tassi d’interesse risultanti dalla tabella riportata nel retro dei titoli postali (euro 52.000). Tramite Adiconsum Verona, la risparmiatrice ha contestato la liquidazione dei due buoni e si è rivolta all’ Finanziario, il quale, con decisione del 2016 ha accolto parzialmente il ricorso. L’Arbitro ha affermato che “accoglie parzialmente il ricorso e accerta il diritto della parte ricorrente a ricevere dall’intermediario il rendimento dei titoli secondo le condizioni affermate dallo stesso ricorrente, al netto dell’applicazione delle ritenute fiscali”.

I risparmiatori hanno, infatti, diritto a riscuotere, in applicazione del meccanismo di calcolo presente sul retro dei titoli, la somma indicata nei buoni, facendo leva sul legittimo affidamento all’interpretazione di quanto indicato letteralmente nel titolo. E’ riconosciuto anche dalla Corte di Cassazione il principio di tutela dell’affidamento del cliente nell’interpretazione delle risultanze testuali del buono fruttifero, (Cfr. Cass. civ., Sez. 1, 16 dicembre 2005, n. 27809).

Non può essere cambiato il rendimento del buono con la sovrapposizione di altri timbri, specialmente se poco leggibili, come nel caso della risparmiatrice veronese. In caso di difficoltà nell’interpretazione dei tassi, si deve dare prevalenza all’interpretazione più favorevole al consumatore (art. 35, comma 2, del Codice del consumo: «in caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore»).

I rendimenti dei vecchi buoni sono veramente vantaggiosi; nel caso citato della nostra associata i due buoni da due milioni di lire, oggi valgono 52.000 euro. Ecco perché talvolta i consumatori faticano ad ottenere i rendimenti indicati nei titoli. Il buono fruttifero è, però, un contratto. Pertanto deve essere liquidato ai risparmiatori quanto in esso indicato.